Della tepidezza
Brani tratti da "Riflessioni divote", di Sant'Alfonso Maria de Liguori.
Vi sono due sorta di tepidezza, una inevitabile, l'altra evitabile. L'inevitabile è quella che patiscono nello stato presente anche le anime spirituali, che per la natural fragilità non possono evitare di cadere, ma senza piena volontà, di quando in quando in qualche colpa leggera; dal qual difetto, per causa della natura corrotta dal peccato originale, niuno è immune, senza una specialissima grazia che solamente alla Madre di Dio fu concessa. Dio stesso permette queste macchie ne' suoi santi, per conservarli umili. Non rare volte trovansi essi senza fervore, tediosi e svogliati ne' loro esercizj divoti; e in quel tempo di aridità son più facili a cadere in molti difetti, almeno indeliberati. Del resto quei che si trovano in tale stato non lascino le loro solite divozioni, né si perdano d'animo né credano esser già caduti in tepidezza, perché non è questa la tepidezza. Prosieguano essi i consueti esercizi, detestino i difetti, e rinnovino spesso la risoluzione di voler essere tutti di Dio, in cui abbiano confidenza, perché Dio li consolerà. La vera tepidezza deplorabile è quando l'anima cade in peccati veniali pienamente volontari, e poco se ne duole e meno si affatica ad evitarli, dicendo che son cose da niente. Come? il dar disgusto a Dio è cosa da niente? Diceva s. Teresa alle sue monache: Figlie, Dio vi liberi da peccato avvertito per piccolo che sia.
Dicono: ma questi peccati non ci privano della grazia di Dio. Chi dice così sta in gran pericolo di vedersi un giorno privo della divina grazia in peccato mortale. Scrive s. Gregorio che chi cade in peccati veniali deliberati ed abituati senza pigliarsene pena e senza pensare ad emendarsi, non resta dove cade, ma seguirà ad andare in precipizio (...). Le infermità mortali non provengono sempre da gravi disordini, ma da molti disordini leggeri e continuati; e così la caduta di certe anime in peccati gravi spesso deriva da peccati veniali replicati, i quali rendono poi l'anima così debole, che assalita da qualche forte tentazione non ha forza di resistere e cade.
Qui spernit modica paullatim decidet. Chi non fa conto delle piccole cadute facilmente un giorno si troverà in qualche precipizio. Dice il Signore: Quia tepidus es incipiam te evomere ex ore meo. L'esser vomitato da Dio significa l'esser da Dio abbandonato, o almeno privato di quegli aiuti speciali divini che ci son necessari a conservarci in grazia.
Intendiamo bene questo punto. Il concilio di Trento condanna chi dice poter noi perseverare in grazia senza un aiuto speciale di Dio: Si quis dixerit, iustificatum vel sine speciali auxilio Dei in accepta iustitia perseverare posse, anathema sit. Sicché non possiamo noi perseverare in grazia senza un aiuto speciale e straordinario di Dio; ma questo aiuto speciale Iddio giustamente lo negherà a chi commette molti peccati veniali ad occhi aperti, senza farne conto. È tenuto forse Dio a dar questo aiuto speciale a chi non si astiene di dargli continui disgusti volontarj? Qui parce seminat parce et metet: Chi poco semina poco raccoglie. Se noi andiamo scarsi con Dio, come possiamo sperare che Dio vada abbondante con noi?
Povera quell'anima che fa pace coi peccati, benché veniali! essa andrà sempre di male in peggio; poiché le passioni pigliando sempre più piede in essa facilmente l'accecheranno; e quando uno è cieco è facile che si trovi caduto in qualche precipizio quando meno se l'immagina. Temiamo di cadere in tepidezza; la tepidezza volontaria è simile alla febbre etica la quale non molto spaventa; ma è così maligna, che da quella difficilmente alcuno guarisce.
Del resto benché sia molto difficile che un tepido si emendi, nondimeno vi sono i rimedj se vuole emendarsi. I rimedj sono, per 1. risolversi di uscire ad ogni costo da quello stato miserabile. Per 2. rimuovere le occasioni delle cadute, altrimenti non vi è speranza di emenda. Per 3. raccomandarsi spesso a Dio e pregarlo con calore a dargli forza di uscire da quel deplorabile stato; e non lasciar di pregare finché la persona non se ne veda libera.
Signore, abbiate pietà di me. Vedo già che merito di esser vomitato da voi per li tanti difetti con cui vi servo. Misero, perciò mi vedo senz'amore, senza confidenza e senza desideri. Gesù mio, non mi abbandonate; stendete la vostra potente mano e toglietemi da questo fosso di tepidezza, in cui mi vedo caduto. Fatelo per li meriti della vostra passione, in cui confido. Vergine santa, le vostre preghiere possono sollevarmi, pregate per me.
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