Una genuflessione ben fatta può convertire un'anima
Ma ancora oggi una genuflessione fatta bene edifica il cuore dei presenti. Recentemente su un quotidiano cattolico è stata pubblicata una “lettera al direttore” scritta da un prete. Era ormai sera, i negozi stavano abbassando le saracinesche e la gente si affrettava a tornare a casa. Il prete è entrato in una chiesa tenuta da dei religiosi e ha suonato il campanello per chiamare il confessore. Dopo poco ha sentito riecheggiare nel silenzio della chiesa i passi lenti e stanchi di un anziano frate che camminava nella penombra della navata illuminata dall’unico faro acceso sull’altare, quello del tabernacolo. A un certo punto i passi si sono fermati e, come un cavaliere antico, quell’anziano frate si è inginocchiato, a fatica, lentamente, davanti al Santissimo Sacramento prima di andare a confessare il prete, il quale è rimasto molto edificato nel vedere quel gesto di devozione.
Purtroppo, oggi molta gente non si inginocchia più quando passa davanti al tabernacolo e neppure al momento dell'Elevazione dell'Ostia. Bisognerebbe ricordarsi sempre che anche una genuflessione fatta con devozione può essere una forma di apostolato che può convertire un'anima.