La cella monastica (-)

Ogni suora ha una propria "cameretta" che nel gergo religioso prende il nome di "cella". Su questo argomento la mia collaboratrice ha scritto un interessante post che pubblico molto volentieri.


"Ciascuno rimanga nella propria cella o nelle vicinanze di essa, meditando giorno e notte nella legge del Signore e vigilando in orazione, a meno che non sia giustamente occupato in altre mansioni." (Regola Carmelitana, n. 10)

In linea di massima, tutti i Carmeli hanno orari simili, essendo la struttura della vita carmelitana la stessa (i pilastri fondamentali delle due ore di orazione -vita intima con Dio-, complementari delle due ore di ricreazione -vita fraterna con le sorelle-). Il resto del tempo è scandito dalle ore liturgiche (Ufficio delle Letture, Lodi, Terza, Sesta, Nona, Vespri, Compieta), la Messa, e il lavoro da svolgere individualmente.

"Dovete fare qualche lavoro, affinché il diavolo vi trovi sempre occupati e non abbia ad entrare nelle vostre anime attraverso il vostro ozio." (Regola Carmelitana, n. 20). Per quanto è possibile, il lavoro va svolto non in sale comuni -come in altri ordini monastici- ma nel segreto della propria cella. Sono quindi lavori piccoli, che non necessitano di macchine da cucire o altri attrezzi (se servono, questi lavori vengono spostati nei vari laboratori presenti nel Carmelo). Nella cella, quindi, si fanno ricami, rattoppi, rosari annodati, cucitura degli scapolari dei laici, scrittura di pergamene, pitture miniate o quadretti, scrittura delle icone etc. Anche i paramenti sacri vengono tessuti, per lo più, nel segreto della cella.

Solitamente, il grosso del lavoro in cella si svolge la mattina, mentre nelle ore successive, del pomeriggio, tra la lettura spirituale e la chiamata ai Vespri, si fanno altri piccoli lavori di gestione della casa, come lo stendere i panni in quell'oretta libera.

Con il calare del sole, c'è un'altra ora di solitudine in cella quando viene suonato il "Grande silenzio", agitando la cordicella della campana interna del Carmelo: da quel momento in poi, è possibile parlare tra le sorelle solo per gravi necessità, e sottovoce. Si spengono le luci del coro, illuminato solo dalla fremente luce scarlatta del Tabernacolo, a ricordare la presenza di Cristo nell'Eucarestia. Le sorelle possono scegliere se fermarsi lì in Coro, in attesa della Compieta, o salire in cella a ritirarsi: si può continuare a pregare guardando le stelle dalla finestra vicino al proprio letto, si può rispondere a qualche lettera, email od organizzare la giornata successiva, leggere le notizie dall'Osservatore Romano o dall'Avvenire, o quant'altro. Finchè non suona nuovamente la campana, stavolta quella del campanile della Chiesa, per richiamare le sorelle in Coro per cantare la Compieta: "Ora lascia, Signore, che il tuo servo vada in pace!", terminando con le antifone mariane, la benedizione con l'acqua benedetta, il bacio dello Scapolare della Priora (ogni monaca, si inginocchia davanti alla Priora e le bacia lo Scapolare, e la Priora segna benedicente la croce della figlia).

Eppure, nonostante tutto il travaglio delle attività quotidiane, che sono molte e di diversi generi, c'è quel punto della Regola carmelitana che rimane infisso nel cuore: "Ciascuno rimanga nella propria cella o nelle vicinanze di essa". Questo mistero lo conoscono bene coloro che hanno vissuto al Carmelo: c'è come una misteriosa e continua calamita, che ti porta ora nel Coro, ora nel Refettorio, nell'Orto etc., con il cuore che continua ad anelare alla propria piccola celletta, a quell'intimità profonda con Cristo che lì si può trovare, sole col Solo.

Quando la carità porta fuori dalla cella, ecco che si scopre che il cuore rimane in questa, a vigilare, nella propria celletta interiore, segreta, la cella del proprio cuore dove, anche in un seggio elettorale o nello studio del medico (luoghi in cui potrestre trovare carmelitane scalze), sei in pace, in quella stanza intima della propria anima, dove si è continuamente, fiato a fiato, con Gesù Cristo.

Cosa temere, dunque?

In Cristo, Pace del mondo,

Laudem Gloriam


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