Offrire le sofferenze per consolare Gesù
Ripubblico la lettera di una ragazza che stava soffrendo molto perché non riusciva a comprendere se doveva entrare in un monastero di clausura oppure scegliere un'altra strada.
Carissimo fratello,
ho aspettato, ho aspettato, ma ora non posso più aspettare a scriverti. Mi faccio viva dopo parecchi mesi, ma devi sapere che ogni giorno la prima pagina che apro al computer è il tuo blog. Come se fosse un quotidiano che mi mette sicurezza. [...] Dunque ho deciso finalmente di farmi viva. L'ultima volta ti dissi che sarei stata in un monastero di Clarisse per due settimane, per una esperienza diretta nella vita claustrale. Due settimane che non dimenticherò mai. Vivere le giornate ruotando sempre intorno al tabernacolo è un dono grandioso che il buon Dio si compiace di concedere alle Sue spose dilette. Le sorelle erano meravigliose, di età compresa tra i 19 e gli 80 passati... Il tempo scandito dal suono della campana che richiamava in coro per le ore canoniche; le lunghe passeggiate nell'orto, i pranzi consumati in silenzio o in allegria nei giorni festivi, le ricreazioni e i momenti di solitudine in cella o nella penombra del coro... Tutto è perfetto, edificante, salutare. Cosa non è andato allora? Non era il mio posto. Non sarei stata capace di rimanere lì dentro per tutta la vita. Come faccio a comprendere se il problema è solo la clausura o la vita religiosa? C'erano momenti in cui mi sentivo così fortunata a vivere lì dentro, continuamente unita a Gesù; la notte andavo a dormire sapendolo a pochi passi dalla mia cella; al mattino, un'ora prima dell'alba, ero già in coro a sorridere a Lui nel tabernacolo; pensavo alla vita esterna e vedevo tutto come una perdita di tempo, tempo prezioso per prepararsi all'eternità. Ma più passavano i giorni, più mi rendevo conto che, anche se perfetto, non era quello il mio posto. Era anche il problema di diverse spiritualità, di diverse formazioni. Non so se mi spiego. In ogni caso, finita l'esperienza, sono tornata a casa. Quando ho varcato la soglia della clausura e ho chiuso il portone del monastero alle mie spalle, ho sentito come un brivido gelido e come se mi fossi persa. Il ritorno è stato traumatico, perché la vita di città è caotica, vivere in un condominio non è facile, il caos del mondo manda in tilt il cervello che desidera un po' di silenzio. [...] Nel frattempo ho fatto il grande passo: mi sono consacrata a Dio. E' stata una cerimonia molto intima e privata, il giorno più bello della mia vita. Il sacerdote mi ha messo l'anello al dito come segno di questa unione e mi ha dichiarata Sposa di Gesù, dopo aver recitato la formula di consacrazione a Gesù per mezzo di Maria, quella del Montfort (ero già consacrata con questa formula e ha voluto che usassi proprio questa come rinnovo e consacrazione totale di tutta la mia vita al Signore).
Il gran passo è stato fatto. Ma non basta. Non voglio restare nel mondo, non mi accontento di prestare un semplice servizio alla parrocchia. Sento che potrei impegnarmi molto di più nella crescita spirituale, se fossi concentrata in un vita religiosa. Ma in questi mesi il Signore ha mandato a monte tutti i miei progetti, tutti i miei sogni, ogni mia aspettativa. L'ho pregato di mettere nel mio cuore i desideri del Suo Cuore, per riuscire a compiere giustamente la Sua volontà. So che mi sto dilungando, ma abbi un altro po' di pazienza, questa è carità bella e buona, il Signore saprà come ricompensarti!! :)
Dunque, desidero una vita religiosa, ma come si fa a capire se ho la vocazione alla vita religiosa? Sono già consacrata, potrebbe bastarmi, è questa la cosa importante. Invece no. Mi immagino ogni giorno vestita da religiosa, in ginocchio davanti al tabernacolo o a lavorare nell'orto o in refettorio. Non sono portata per la vita attiva, come avrai capito. Ma temo di non essere neppure pronta per la vita claustrale. Allora ho letto scritti di alcune sante e diverse testimonianze di monache che avevano una paura terribile per la clausura, ma che poi hanno avuto il coraggio di compiere il primo passo. […] Caro fratello, sono giorni difficili, mi sento schiacciata a terra. Una influenza mal curata mi ha portata anche alla bronchite e sono stata costretta questa settimana a stare a casa, quindi da domenica non mi nutro del mio Gesù Eucaristia. Faccio la Comunione Spirituale, ma mi sento distante da Lui. Come se il buon Dio avesse tirato le tende. Non riesco neppure a parlare col padre spirituale, che in questo periodo sta male fisicamente.
[…] Mi spiace di aver preso tanto tempo, ma è uno sfogo per me e tu sei l'unico col quale mi sono sentita di parlare. Una parola, anche una sola parola mi aiuterebbe a ritrovare un po' la speranza. Mi sento vuota e forse la soluzione è non pensare più a una vita religiosa, aspettando che sia il Signore a intervenire. Sai darmi un consiglio? Ti ringrazio infinitamente per la pazienza squisita che hai nei miei confronti. Sei tanto buono e quello che fai con il blog è degno di stima. Prego per te e per tutti i lettori. Restiamo uniti nella preghiera, qualunque cosa accada. Vi raccomando particolarmente al Cuore Immacolato di Maria, Madre della Chiesa e Madre nostra dolcissima. Gesù baci le vostre anime e benedica ogni vostro passo.
(Lettera firmata)
Carissima in Cristo,
ho letto con molto interesse la tua lettera. In privato ti ho inviato una lunga risposta. Qui dico solo che non devi scoraggiarti e abbandonare il pensiero di abbracciare la vita religiosa.
Dio è stato particolarmente generoso con te, infatti, non tutti hanno avuto la grazia di sentirsi attrarre alla vita consacrata. Queste sofferenze spirituali che stai patendo sono una grande prova d'amore. Purtroppo, molte altre ragazze che si trovavano nella tua situazione non sono riuscite a superare la prova, poiché si sono lasciate ingannare, hanno abbandonato la vocazione religiosa, e sono ritornate a seguire il mondo. Un'anima è nell'ora della sofferenza che dimostra di amare davvero Dio, sopportando pazientemente i patimenti e rimanendo fedele al Signore, senza volgersi indietro verso le lusinghe del mondo traditore.
“Militia est vita hominis super terram”, diceva il Santo Giobbe. È proprio così, la vita su questa terra è un continuo combattimento contro i nemici dell'anima. Però non dobbiamo rattristarci. “Gaudere et exultare nos voluit in persecutione Dominus, quia tunc dantur coronae fidei, tunc probantur milites Dei”, diceva l'eroico vescovo martire San Cipriano. È così, il Signore vuole che nelle persecuzioni dobbiamo gioire ed esultare, perché è in esse che vengono messi alla prova i soldati di Dio e si riceve la corona della fede.
Insomma, è nei momenti di difficoltà che si vede se una persona ama veramente Gesù. Coloro che lo amano poco, si arrendono, mentre coloro che lo amano assai continuano con ardore la battaglia. I martiri combatterono tenacemente e preferirono la morte anziché tradire il Redentore Divino. Perdere la vita terrena per salvare la vita eterna dell'anima. “Un'anima, un'eternità!”, diceva Santa Teresa d'Avila alle sue seguaci.
Coraggio, non arrenderti!
Ti saluto in Cristo Redentore e in Maria Corredentrice del genere umano,
Cordialiter