Nella croce sta la nostra salvezza

Brani tratti da "Riflessioni divote", di Sant'Alfonso Maria de Liguori.



Ecce lignum crucis, in quo salus mundi pependit, così canta la s. chiesa nel venerdì santo. Nelle croce sta la nostra salute, la nostra forza contra le tentazioni, il distacco da' piaceri terreni; nella croce sta il vero amore a Dio. Bisogna dunque risolverci a portar con pazienza quella croce che ci manda Gesù Cristo ed a morire in quella per amor di Gesù Cristo, com'egli morì nella sua per amor nostro. Non vi è altra via per entrare in cielo, che il rassegnarsi nelle tribolazioni sino alla morte.

E questo è il mezzo di trovar pace anche nel patire. Dimando: quando viene la croce qual mezzo vi è per non perder la pace, se non l'uniformarsi al volere divino? Se non prendiamo questo mezzo, andiamo dove vogliamo, facciamo quanto possiamo, ché non potremo sfuggire il peso della croce. All'incontro, se di buona voglia la portiamo ella ci porterà al cielo e ci darà pace in questa terra.

Chi ricusa la croce, che fa? ne accresce il peso; ma chi l'abbraccia e la porta con pazienza ne alleggerisce il peso e il peso medesimo si converte in consolazione; mentre Iddio abbonda di grazie con tutti coloro che di buona voglia portano la croce per dargli gusto. Naturalmente non piace il patire, ma l'amor divino, quando regna in un cuore, glielo rende gradito.

Oh! se considerassimo lo stato felice che godremo in paradiso, se noi siamo fedeli a Dio nel soffrire i travagli senza lamenti, non ci lagneremmo di Dio che ci manda da patire (...). E se siamo peccatori e ci abbiamo meritato l'inferno, questo ha da essere il nostro conforto nelle tribolazioni che ci avvengono, il vederci castigati da Dio in questa vita; perché questo è segno sicuro che Iddio vuol liberarci dal castigo eterno. Povero quel peccatore ch'è prosperato in questa terra! chi patisce qualche grave tribolazione dia un'occhiata all'inferno che si ha meritato, ché così gli sembrerà leggera ogni pena che soffre. Se dunque abbiam commessi peccati, questa dev'essere la nostra continua preghiera a Dio: Signore, non mi risparmiate dolori, affligens me dolore non parcas; ma vi prego a darmi insieme la forza di patir con pazienza, acciocch'io non mi opponga al vostro s. volere (...); ed in tutto mi uniformi a quanto disponete di me, dicendo sempre con Gesù Cristo: (...) Signore, così vi è piaciuto di fare, così sia fatto.

L'anima ch'è dominata dall'amor divino non cerca altro che Dio. (...) Chi ama Dio disprezza tutto e rinunzia a tutto ciò che non gli serve ad amar Dio; e per le buone opere che fa, per tutte le sue penitenze e fatiche per la gloria di Dio non va cercando consolazioni e dolcezze di spirito; gli basta il sapere che dà gusto a Dio. In somma attende sempre ed in tutte le cose a negare se stesso, rinunziando ad ogni suo piacere; e dopo ciò di niente si vanta o si gonfia, ma chiamasi servo; e mettendosi nell'ultimo luogo si abbandona in mano della volontà e della misericordia divina.

Bisogna mutar palato per farci santi. Se non arriviamo a fare che il dolce ci sappia amaro e l'amaro ci sappia dolce, non giungeremo mai ad unirci perfettamente con Dio. Qui sta tutta la nostra sicurezza e perfezione, nel soffrire con rassegnazione tutte le cose contrarie che ci accadono alla giornata, piccole e grandi. E bisogna soffrirle per quei giusti fini per cui il Signore vuole che le soffriamo, cioè 1. per purgare le colpe da noi commesse: 2. per meritare la vita eterna: 3. per dar gusto a Dio ch'è il fine principale e più nobile che possiamo avere in tutte le opere nostre.

Pertanto offeriamoci sempre a Dio a sopportare ogni croce ch'egli ci manda, e attendiamo a star sempre apparecchiati a patire ogni travaglio per suo amore, acciocché quando alcuno ce ne avviene siam pronti ad abbracciarlo; dicendo, come disse Gesù Cristo a s. Pietro, quando fu preso nell'orto da' giudei per condurlo alla morte: Calicem quem dedit mihi Pater, non bibam illum?: Iddio m'invia questa croce per mio bene, ed io gli dirò che non la voglio?

E quando mai il peso di tal crode ci sembrasse molto gravoso, ricorriamo subito all'orazione, perché Dio ci darà forza di portarlo con merito. E ricordiamoci di quel che dice s. Paolo, cioè che ogni tribolazione di questa terra, per dura che sia, non ha proporzione colla gloria che Dio ci apparecchia nella vita futura (...). Ravviviamo dunque la fede, allorché le tribolazioni ci affliggono: diamo primieramente un'occhiata al Crocifisso che agonizza per amor nostro sulla croce; e diamone un'altra al paradiso ed a' beni che Dio prepara a chi patisce per amor suo; ché così non ci lagneremo, ma lo ringrazieremo della pena che ci dà a soffrire e gli cercheremo che ci dia più a patire. Oh quanto si rallegrano i santi in cielo, non già di aver avuti onori e piaceri in questa terra, ma di aver patito per Gesù Cristo! tutto è poco quel che passa; solo è grande quello ch'è eterno e non passa mai.

Quanto mi consola, Gesù mio, quel che voi mi fate sentire: Convertimini ad me, et convertar ad vos. Io per le creature e per li miseri miei gusti ho lasciato voi; ora lascio tutto ed a voi mi converto; e sto certo che non mi discacciate, se voglio amarvi, facendomi sentire che state pronto ad abbracciarmi, convertar ad vos. Ricevetemi dunque nella vostra grazia e fatemi conoscere il gran ben che siete e l'amore che mi avete portato, acciocch'io non vi lasci più. Gesù mio perdonami, amato mio perdonami, amore mio perdonami tutti i disgusti che ti ho dati. Dammi l'amore tuo, e poi fa di me quel che ti piace. Castigami quanto vuoi, privami di tutto; ma non mi privare di te. Venga tutto il mondo ad offerirmi tutti i suoi beni: io mi protesto, che te solo voglio e niente più. O Maria, raccomandatemi al vostro Figlio; egli vi concede quanto gli cercate, in voi confido.



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Quanto piace a Gesù Cristo il patire per suo amore.


Si quis vult post me venire, abneget semetipsum, et tollat crucem suam quotidie et sequatur me. Giova qui far più riflessioni sopra queste parole di Gesù Cristo. Dice: Si quis vult post me venire, non dice ad me, ma post me venire. Il Signore vuole che andiamo appresso di lui, bisogna adunque che camminiamo per la stessa via di spine e patimenti per cui egli ha camminato. Esso va innanzi e non si ferma finché giunge al Calvario dove muore; pertanto se noi l'amiamo dobbiam seguirlo sino alla nostra morte. E perciò bisogna che ciascuno di noi nieghi se stesso, abneget semetipsum, cioè neghi a se stesso quel che l'amor proprio gli domanda, ma che non piace a Gesù Cristo.

Dice in oltre: Tollat crucem suam quotidie et sequatur me. Consideriamo una per una queste ultime parole. Tollat: poco giova il portar la croce a forza; tutti i peccatori la portano, ma senza merito; a portarla con merito bisogna abbracciarla volentieri. Crucem: sotto il nome di croce s'intende ogni tribolazione che da Gesù Cristo è chiamata croce, affinché tal nome ce la renda dolce, pensando che egli sulla croce è morto per nostro amore.

Dice suam; taluni quando ricevono qualche consolazione spirituale si offeriscono a patire quanto han patito i martiri, eculei, unghie di ferro e piastre infocate; ma poi non possono soffrire un dolore di testa, una disattenzione d'un amico, la molestia d'un parente. Fratello, sorella mia, Dio non vuole da te eculei né unghie di ferro né piastre infocate; ma vuole che tu patisca con pazienza quel dolore, quel disprezzo, quella molestia. Quella monaca vorrebbe andare a patire in un deserto, vorrebbe fare gran penitenza; ma frattanto non può sofferire quella superiora, quella compagna nel suo officio; ma Dio vuole ch'ella porti la croce che le è data a portare e non quella ch'essa vorrebbe portare.

Dice quotidie; alcuni abbracciano la croce a principio, allorché viene; ma quando dura dicono: Ma ora non posso più. Ma Dio vuole che seguiti a portarla con pazienza, ancorché dovessi portarla continuamente sino alla morte. Ecco dunque dove sta la salute e la perfezione, sta nell'adempire queste tre parole: Abneget, neghiamo all'amor proprio quel che non conviene: Tollat, abbracciamo la croce che ci manda Dio: Sequatur, seguiamo le pedate di Gesù Cristo sino alla morte.

Bisogna persuaderci che a questo fine Dio ci tiene nel mondo, acciocché sopportiamo le croci che ci manda; e qui sta il merito di nostra vita. Perciò il nostro Salvatore perché ci ama è venuto in questa terra, non a godere, ma a patire, affinché noi seguiamo le sue pedate (...). Miriamolo, com'egli cammina avanti colla sua croce per farci la strada per cui dobbiamo seguirlo se vogliamo salvarci. Oh gran rimedio in ogni travaglio il dire a Gesù Cristo: Signore, volete ch'io patisca questa croce? sì l'accetto e voglio patirla per quanto vi piace.

A molte anime piace sentir parlare di orazione e di pace, di amore a Gesù Cristo, ma poco piace sentir parlare di croce e di patire. Essi l'amano sin tanto che tira il vento delle dolcezze spirituali; ma se quello cessa e viene qualche avversità o desolazione, in cui il Signore si nasconde per provarle e le priva delle solite consolazioni, lasciano l'orazione, le comunioni, le mortificazioni, e si abbandonano alla mestizia ed alla tepidezza, cercando gusti di terra. Ma queste anime amano più se stesse, che Gesù Cristo; quelle all'incontro che non l'amano con amore interessato per le consolazioni, ma con amor puro e solo perch'è degno di essere amato, non lasciano i soliti esercizj divoti per qualunque aridità e tedio che vi provassero, contentandosi di dar gusto a Dio; e si offeriscono a patir quella desolazione sino alla morte e per tutta l'eternità, se Dio così volesse. Gesù Cristo (dice s. Francesco di Sales) tanto è amabile nella consolazione, quanto nella desolazione. Le anime innamorate di Dio ben trovano la loro consolazione e dolcezza nel patire, in pensare che patiscono per suo amore, e dicono:

Quanto è dolce, mio caro Signore,
A chi t'ama il patire per te!
Oh potessi morir per tuo amore,
Gesù mio, che sei morto per me.

Tutto e più di questo merita da noi Gesù Cristo che si ha scelta una vita di pene ed una morte di dolore, senza il minimo sollievo, per nostro amore affin di farci intendere che se vogliamo amarlo l'abbiamo da amare com'egli ha amato noi. Oh quanto è cara a Gesù Cristo un'anima che patisce e l'ama! Oh dono divino, dono sovra ogni dono! amare patendo e patire amando.

Gesù mio, voi solo avete potuto insegnarci queste massime di salute tutte contrarie alle massime del mondo, e voi solo potete darci la forza di soffrire le croci con pazienza: io non vi cerco che mi facciate esente dal patire; solo vi prego a darmi forza di patir con pazienza e rassegnazione. Eterno Padre, il vostro Figlio ci ha promesso che quanto noi vi domandiamo in nome suo tutto voi ci darete: Amen, amen dico vobis; si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis. Ecco ciò che vi domandiamo: dateci la grazia di soffrire con pazienza le pene di questa vita, esauditeci per amor di Gesù Cristo. E voi, Gesù mio, perdonate a me tutte le offese che vi ho fatte, per non aver voluto aver pazienza ne' travagli che mi avete mandati. Datemi il vostro amore, ch'egli mi darà forza di soffrir tutto per amor vostro. Privatemi d'ogni cosa, di tutti i beni di terra, de' parenti, degli amici, della sanità del corpo, di tutte le consolazioni: privatemi anche della vita, ma non del vostro amore. Datemi voi e niente più vi domando. Vergine Ss., ottenetemi un amor costante a Gesù Cristo sino alla morte.



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