Clarisse di Novaglie (Verona)

L'abbadessa delle Monache Clarisse di Novaglie mi ha gentilmente rilasciato un'intervista che pubblico volentieri.


- Per i mondani è assurdo andare a vivere in un monastero di clausura. Ci puoi spiegare qual è la missione delle religiose di vita contemplativa?

- Sì, a ragione tu affermi che la vita claustrale, oggi, non è molto compresa, a volte viene considerata assurda e spesso inutile, sprecata, senza senso, vuota.  Anche per alcune di noi, prima di rispondere alla grazia, era così: una vita da ignorare. Ma quando il Signore interviene, quando bussa alla porta del cuore, come solo Lui sa fare, come un Innamorato che ti affascina senza sapere e capire che cosa sta accadendo in noi, allora si apre nel nostro cuore e nella nostra volontà uno spazio così vasto, un orizzonte di pace e di desiderio di amare, con un sapore di infinito da far spalancare  la nostra volontà all'accoglienza di quella divina, ad amare con amore disinteressato tutti i fratelli, perché ogni creatura possa gustare e godere di quella gioia non umana che solo il Signore sa donare. Allora si confermano le parole di S. Chiara, la nostra fondatrice, pianticella del serafico S. Francesco d'Assisi, quando dice: di essere collaboratrici del Padre nostro che è nei cieli, e di sostegno delle membra deboli e vacillanti del Corpo mistico di Cristo. Siamo come profumo versato nell'aria che si spande ovunque portando gioia e vita a chi lo assapora, senza sapere da dove viene. Siamo come le radici di un albero che non si vedono, ma hanno per la pianta una funzione di primaria importanza; guai se non ci fossero o se il loro compito venisse meno o perché ammalate o per altri motivi:che cosa accadrebbe all'albero? O il cuore per un essere vivente; che ne sarebbe se funzionasse male o, peggio, se non ci fosse? Sì, la preghiera, la vita contemplativa è assai importante per la vita dello spirito, ma anche per la vita dell'uomo: è fonte di pace e di gioia: è vita, è desiderio di vivere. E' certo che non ci rinchiudiamo tra quattro mura per tutta la vita per nostro volere: tutte e tutti amiamo la vita indipendente, ma quando il desiderio della vita di clausura risponde al progetto di Dio, nell'anima si inserisce una grazia così forte, così incalzante, che spinge ad una rinuncia radicale a tutto ciò che non entra nella vocazione; perché quello che l'anima viene a gustare ha una potenzialità d'amore infinita: è divina. A noi, povere creature rimane solo la risposta a tanta gratuità d'amore; altrimenti, come si fa rifiutare o negare un "sì" a Dio, a Colui che è il creatore dell'universo, ci ha dato la vita, e desidera solo ed unicamente il nostro bene?

- Qual è la spiritualità dell'Ordine di Santa Chiara?

- La nostra spiritualità affonda le sue radici nel lontano 1211, nel tempo in cui Chiara d'Assisi ha aperto il suo cuore alla grazia, seguendo le orme del Poverello d'Assisi. Concretizzando il messaggio divino: "Va', Francesco e ripara la mia casa, che va in rovina"; non spezzando a tutti il Vangelo per le strade del mondo, come fa Francesco e i fratelli del I Ordine Francescano, ma rinchiudendosi in s. Damiano, per vivere il santo Vangelo in castità, in obbedienza, senza nulla di proprio e in fraternità. Siamo come Maria, aperte alla grazia, che come un fiume la lasciamo fluire sull'umanità intera. Su un'umanità assetata di speranza, di gioia, e di serenità. Questi doni dello Spirito Santo, per l'offerta della vita di sorelle e fratelli contemplativi, misteriosamente sbocciano in tanti cuori aridi e assetati, che come fiori, con il loro profumo e la loro bellezza, vivificano e donano alla vita il desiderio di viverla con amore.

- L'intramontabile Concilio di Trento insegna inffallibilmente che nell'Eucaristia è presente Gesù Cristo con tutto il suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Nel vostro monastero quanto tempo dedicate all'Adorazione Eucaristica?

- Noi clarisse di Novaglie dal 1860 veniamo denominate “sacramentine” per l'impegno, voluto dal Vescovo, dell'Adorazione Perpetua al Santissimo Sacramento. Ancora oggi riusciamo sostenere questo ministero, da noi tanto amato e gelosamente accolto, che nel nostro quotidiano assume uno scopo primario; infatti, ci impegniamo con tanto desiderio sia di giorno che di notte ad adorare, ad intercedere per i fratelli, a parlare a Gesù dei problemi del mondo e dei vari eventi spesso catastrofici. Lo scopo è di intercedere continuamente per la gloria di Dio e per il bene di ogni fratello che si trova in qualsiasi parte della terra. 

- Quali lavori svolgono le monache all'interno del monastero?

- Sono cinquant'anni che viviamo su questo colle di s. Fidenzio, e il monastero, che è appollaiato su un dolce pendio, gode di un vasto spazio di azzurro e di verde, dove il cielo sembra toccare gli alberi e i praticelli e il terreno dedicato all’orto, i cui prodotti servono per coprire in parte la necessità della comunità, che attualmente è composta di 29 sorelle. Noi ci dedichiamo alla preghiera e ai lavori casalinghi e ad alcune attività artistiche di carattere sacro: pittura, ricamo, musica, canto...  

- Molta gente inesperta di vita religiosa pensa erroneamente che sia triste e noioso vivere in un monastero di clausura. Come mai invece siete così gioiose e felici di aver abbracciato la vita monastica?

- Sì, non è la prima volta che ci viene attribuito un sentimento di tristezza, o di noia... ma quando ci  vedono in parlatorio, o ci sentono al telefono, le persone si stupiscono della nostra gioia e serenità, chiedendosi come sia possibile! Sì, è la presenza di Dio in un'anima che fa irradiare il volto, lo rende luminoso, accogliente, comunicando pace e gioia, che sono doni dello Spirito Santo: sono dono di Dio. Si può essere anche sofferenti, preoccupati, stanchi… ma nel cuore la gioia e la serenità rimangono, anche se un po' velate. Quando una sorella vive veramente con sincerità la sua sponsalità, sia pure nei suoi limiti, viene riempita di grazia, di amore traboccante di Dio, si sente appagata nella sua vocazione, sente di appartenere al Signore, che è il suo "Tutto", e questo traspare da tutto il suo essere.

- Come si capisce che una ragazza ha davvero la vocazione alla vita consacrata?

- Non sempre è così matematicamente scontata la comprensione della veridicità di una vocazione. Ma ordinariamente il Signore, nel percorso di un cammino vocazionale, fa cogliere delle peculiarità che sono determinanti per una scelta vocazionale. A volte servono anni per capire i tratti di una chiamata. A volte una persona se la sente dentro all'improvviso. Ogni vocazione è particolare. In comune c'è  una forte attrazione d'amore per il Signore; il più delle volte l'amore per Lui  è incondizionato, accompagnato da un forte desiderio di appartenerGli tanto da abbandonare ogni progetto personale.

- L'ideale sarebbe entrare in monastero quando si è giovani, tuttavia se una donna che ha più di 40 anni dimostra di avere chiari segni vocazionali, ed è attratta dalla spiritualità clariana, può iniziare lo stesso il discernimento vocazionale con la vostra comunità monastica?

- Oggi l'età migliore per entrare in un monastero, a mio parere, è dai 24 ai 40 anni. A volte anche oltre i 40 anni si scoprono delle belle persone che forse con un po' più di fatica  rispetto le  più giovani, riescono comunque ad inserirsi molto bene nel carisma. Ciò che conta è la chiamata e il desiderio sincero e fattivo di corrispondere al progetto di Dio. 

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