Eremiti diocesani
Due lettrici del blog hanno il desiderio di donarsi a Dio come “eremite diocesane”. Una delle due ha già ottenuto l'approvazione da parte del vescovo della sua diocesi, e tra pochi giorni partirà per un monastero per ricevere una buona preparazione per questo austero genere di vita. Siccome anche un altro lettore mi ha scritto dicendomi che gli piacerebbe vivere in un eremo, ho deciso di scrivere un breve post per parlare degli eremiti diocesani.
Innanzitutto bisogna dire che l'eremita non è una persona asociale che vuole vivere in solitudine perché non si interessa del prossimo. Chi va a vivere in un eremo isolato lo fa perché è mosso dall'amore per Dio, e chi ama Dio ama anche il prossimo, infatti l'eremita offre le sue preghiere e penitenze per la conversione e la salvezza eterna delle anime che vivono nel mondo. Inoltre non vive sempre solo, infatti spesso molti fedeli vanno a trovarlo per pregare insieme a lui e parlare di temi spirituali.
L’eremita diocesano, con l'approvazione del Vescovo, vive in comunione con la diocesi nella quale è “incardinato”, professa i voti di povertà, castità e obbedienza, vive secondo un regolamento di vita approvato dalle autorità diocesane, e veste un abito simile a quello utilizzato negli ordini religiosi. Trascorre la giornata immerso nel silenzio e dedicandosi alla preghiera liturgica, all'orazione mentale, alla lettura spirituale, al lavoro manuale e all'accoglienza dei pellegrini. L'eremita ama la solitudine, poiché nella solitudine è più facile raccogliersi ed elevare la mente al Signore. Nel silenzio e nella solitudine, lo Spirito Santo parla al cuore delle sue anime dilette con parole che infiammano d'amore. La virtù si conserva facilmente nella solitudine, mentre si perde facilmente nel conversare col mondo, ove poco si conosce Dio, e poco conto si fa del suo amore e dei beni che Egli dona a chi lascia tutto per amor suo. È certo che per mantenere l'anima unita con Dio bisogna conservar nella mente le idee di Dio e dei beni immensi che Egli prepara a chi lo ama. Ma quando noi abbiamo contatti col mondo, esso ci presenta le cose terrene, le quali cancellano le idee spirituali e ci privano dei sentimenti di pietà.
I mondani fuggono la solitudine perché nella solitudine si fan sentire i rimorsi delle loro coscienze, perciò costoro vanno cercando conversazioni e distrazioni di mondo. Al contrario, le anime che vivono con pace di coscienza, non possono non amare la solitudine; e quando si trovano tra il baccano del mondo, si sentono come pesci fuor d'acqua. È vero che l'uomo ama la compagnia; ma qual più bella compagnia che quella di Dio! Non apporta né amarezza né tedio l'allontanarsi dalle creature per conversare intimamente col Creatore.
Non è vero che la vita solitaria è vita malinconica; ella invece è un assaggio e principio della vita dei beati che godono un gaudio immenso nell'occuparsi solamente di amare e lodare il loro bel Dio. I santi allorché vivono in solitudine sembrano soli, ma in realtà non stanno soli, stanno con Dio. Sembrano mesti, ma non sono mesti; il mondo, vedendoli lontani dai divertimenti terreni li giudica miseri e sconsolati, ma non è così; essi in realtà godono un'immensa e continua pace. Il Signore ben sa consolare un'anima che conduce una vita ritirata. Ella è sempre piena di gioia e d'allegrezza, e innalza ringraziamenti e lodi alla divina bontà.