Conforto ai novizi per la perseveranza nella loro vocazione

Ecco la rielaborazione e il riassunto di un interessante scritto di Sant'Alfonso Maria de Liguori intitolato: "Conforto ai novizi per la perseveranza nella loro vocazione".

Giovane mio, tu che con favore così speciale sei stato chiamato dal Signore alla sua sequela, senti come Egli stesso ti esorta ed anima: Sta attento, figlio mio, a conservare la grazia da me ricevuta; e temi che se la perdi, un altro avrà la corona che avevo preparato per te.

Chi entra nel noviziato entra al servizio del Re del cielo, il quale suol provare la fedeltà di coloro che Egli accetta per suoi, con le croci e con le tentazioni con cui permette che i nemici infernali li combattano. Sicché il novizio nell'entrare nella casa di Dio deve prepararsi non già alle consolazioni, ma alle tentazioni ed alle battaglie che muove l'inferno a coloro che si donano totalmente a Dio. E bisogna intendere che il demonio tenta più a far perdere la vocazione a un novizio che a mille secolari, specialmente se il novizio entra in qualche comunità di religiosi dediti all'apostolato. Sì, perché un tal novizio, se persevererà e resterà fedele a Dio, strapperà a satana migliaia di peccatori che per suo mezzo si salveranno. E perciò il nemico cercherà in tutti i modi di fargli abbandonare la vita religiosa, e metterà in campo tutte le astuzie per ingannarlo. Le tentazioni con le quali il diavolo suol tentare i novizi ad abbandonare la loro vocazione sono le seguenti. Per prima li tenta con la nostalgia dei parenti. Per resistere a questa tentazione bisogna riflettere che Gesù Cristo ha dichiarato non è degno di goderlo chi ama i suoi parenti più di Lui. [...] Oh quanti poveri giovani per l'affetto ai parenti han perduta prima la vocazione e poi (come facilmente suole avvenire) anche l'anima! Di questi casi funesti ne son piene le cronache. Sta dunque attento, fratello mio, se il demonio per tal via cerca di farti perdere la vocazione. [...] Ascolta dunque quel che ti dice Dio, e vedi che se lo lasci per amor dei parenti, troppe saranno la pena e il rimorso che avrai in morte, quando ti ricorderai della casa di Dio che hai abbandonato [...]. Considera invece qual contento e pace sentirai morendo, se sarai stato fedele a Dio e avrai la sorte di finire la vita in mezzo ai tuoi fratelli religiosi che ti aiuteranno con le loro orazioni e con la speranza del paradiso, senza lusinghe, ti daranno animo a morire allegramente. Considera inoltre che se i parenti da vari anni e con qualche tenerezza ti hanno amato, molto tempo prima e con assai maggior tenerezza ti ha amato Dio. Non saranno più che venti o trent'anni che i tuoi genitori ti amano, ma Dio ti ama sin dall'eternità. Sì, i parenti avranno fatto qualche spesa e patito qualche incomodo per te; ma Gesù Cristo per te ha speso tutto il sangue e la vita. Allorché dunque ti senti qualche tenerezza verso i tuoi parenti, e pare che la gratitudine ti stimoli a non disgustarli, pensa che più grato devi esser con Dio che più di tutti ti ha beneficato e amato, e di' fra te stesso: parenti, se io vi lascio, vi lascio per Dio che più di voi merita il mio amore e che mi ha amato più di voi. E così dicendo vincerai questa terribile tentazione dei parenti, che a molti è stata di rovina in questa vita e nell'aldilà.

Un'altra tentazione con cui suole il demonio assalire il novizio, riguarda la salute corporale, dicendogli così: non vedi che con tal sorta di vita perderai la salute, e poi non sarai più buono né per il mondo né per Dio? Da questa tentazione deve il novizio disbrigarsi sperando che quel Signore il quale gli ha data la vocazione, gli darà anche la salute per adempierla. [...] Un'altra tentazione è di non poter sopportare gli incomodi della vita religiosa [...]. Il novizio dovrà pensare che lui non è venuto nella casa di Dio per far vita comoda, ma per farsi santo; e come dovrà farsi santo? Con le comodità e con le delizie? No, ma col patire e morire a tutti gli appetiti del senso. [...] Sicché se uno non sta risoluto a patire ed a patire ogni cosa per Dio, non si farà mai santo e non avrà mai pace. E che? forse la pace dell'anima si trova nel godere i beni del mondo e nel contentare i sensi? forse i grandi della terra che abbondano di tali beni trovano pace? Questi sono i più infelici che si pascono di fiele e di veleno. Il cuore dell'uomo, quando sta in mezzo a questi beni, per quanti ne ottiene, ne cerca sempre di più, e sempre resta inquieto; ma quando mette il suo piacere in Dio, in Lui trova tutta la sua pace. [...] Ma qui occorre parlare di un altro inganno con cui l'inferno tenta il novizio allorché si trova in desolazione di spirito. Non vedi (gli dice il demonio) che qui non trovi pace? Hai perso la devozione, tutto ti dà tedio, l'orazione, la lezione spirituale, la comunione, anche la ricreazione. Questo è segno che Dio non ti vuole religioso. Oh che tentazione terribile è questa, e pericolosa per i novizi novelli e poco accorti! Per vincere questa tentazione bisogna innanzitutto ben considerare dove consiste la vera pace di un'anima in questa terra, che è luogo di merito, e perciò luogo di pene. Non consiste, come abbiam visto, nel godere i beni del mondo; ma neppure consiste nel godere le delizie spirituali, perché queste non ci accrescono il merito per se stesso, né ci rendono più cari a Dio. La vera pace dell'anima consiste solamente nell'uniformarsi alla divina volontà. Onde la miglior quiete che noi dobbiamo desiderare è quella che ci fa unire al volere di Dio, allorché Egli vuol tenerci nell'oscurità e desolazione. Oh come è cara a Dio un'anima fedele, che senza consolazioni fa tutto solo per piacere a Dio! [...] Coloro che con pazienza avran sofferto la tempesta dell'aridità, e avranno vinto le tentazioni che in quel tempo gli avrà dato l'inferno per farli voltare indietro, il Signore ben li consolerà, con fargli provare la manna nascosta, cioè quella pace interna, che (come dice s. Paolo) supera tutti i diletti del senso. Io ora faccio la volontà di Dio, do gusto a Dio, è un contento il quale avanza tutti i contenti che può dare il mondo con tutti i suoi spassi, festini, commedie, banchetti, onori e grandezze. Non può fallire la promessa fatta da Dio a chi lascia tutto per amor suo. Sta dunque promesso a costui il cielo nell'altra vita e il centuplo in questa. Qual'è questo centuplo? È appunto la testimonianza della buona coscienza che avanza immensamente tutte le delizie della terra.

Ma non abbiamo finito; resta a parlare delle tentazioni più pericolose. Quelle di cui abbiam parlato finora sono tentazioni carnali e mondane, le quali già si fan vedere che vengono dal demonio; onde col divino aiuto più facilmente possono conoscersi e superarsi. Le tentazioni più terribili son quelle che portano la maschera di spirito e di maggior bene, perché queste son nascoste, e perciò più facili ad ingannare. La prima tentazione di simil fatta suol essere il dubbio della vocazione, che il demonio insinua nella mente del novizio dicendogli: chissà se la tua è stata vera vocazione, oppure è stato tuo capriccio. E se tu non sei stato veramente chiamato da Dio, tu non avrai l'aiuto a perseverare; e forse avverrà che, dopo aver fatto i voti, te ne pentirai ed apostaterai; e dove nel mondo ti saresti salvato, qui ti perderai. Per ribattere a questa tentazione bisogna considerare come e quando qualcuno possa star sicuro della sua vocazione. La vera vocazione è quando vi concorrono tre cose. La prima, il buon fine, cioè di allontanarsi dai pericoli del mondo, di poter meglio assicurar la salvezza eterna e di stringersi maggiormente con Dio. La seconda, che non vi sia impedimento positivo di salute, di talento e di necessità dei genitori, circa le quali cose deve quietarsi il novizio col rimettersi al giudizio dei superiori, dopo che avrà loro esposta la verità con chiarezza. La terza, che i superiori l'accettino. Essendo vere queste tre cose, il novizio non deve dubitare che la sua sia stata vera vocazione. L'altra tentazione è quella che può dare il maligno a qualche giovane il quale abbia condotto nel mondo vita spirituale. Tu fuori (gli dirà il diavolo) facevi più orazione, più mortificazioni, più silenzio, più ritiro, più elemosine, ecc. Ora non puoi fare tutte queste belle opere e molto meno potrai farle dopo, quando uscirai dal noviziato, perché allora i superiori ti applicheranno agli studi, agli offici della comunità e ad altre ubbidienze che ti distrarranno da tali opere. Oh che inganno è questo! Chi dà ascolto a tal tentazione è segno che non intende quanto sia grande il merito dell'ubbidienza.

Infine un'altra tentazione che suol dare il demonio a taluno che forse si ritrova da Dio favorito con consolazioni spirituali sensibili, lacrime e atti d'amore verso Dio. Non vedi (gli dice) che tu non sei chiamato alla vita attiva, ma alla contemplazione, alla solitudine e all'unione con Dio? Bisogna dunque che tu vada in un ordine di vita contemplativa o almeno in un eremo: questa è la tua vocazione. Se il demonio mi tentasse in questo modo, io gli risponderei così: giacché parli di vocazione, dunque io debbo seguire la vocazione mia, non già il mio genio o la tua suggestione. Avendomi Dio chiamato in questa comunità apostolica, chi mi assicura che il lasciarla è ispirazione e non tentazione? E lo stesso dico a te, o novizio. Non c'è dubbio che Dio alcuni li chiama alla vita attiva, altri alla contemplativa: ma avendoti chiamato Dio ad una comunità apostolica, devi ritenere che l'altra vocazione non venga da Dio, ma dall'inferno che pretende con ciò di farti perdere la tua vera vocazione. [...] Sicché per non errare dovresti esser moralmente certo, essere volere di Dio che passi ad altro stato; ma questa certezza dov'è, specialmente se il tuo superiore e il padre spirituale ti dicono che è tentazione? E poi devi considerare, come insegna s. Tommaso, che sebbene la vita contemplativa (parlando per se stessa) è più perfetta dell'attiva, tuttavia la vita mista, cioè intrecciata d'orazione e d'azione, è la più perfetta, perché questa fu la vita di Gesù Cristo. E questa è la vita di tutte le comunità attive bene ordinate, in cui vi sono ore di orazione ogni giorno e ore di silenzio. Onde tali religiosi possono dire che quando stanno fuori di casa sono apostoli; ma quando stanno in convento sono eremiti. E così, fratello mio, non farti ingannare con questi pretesti del nemico. Sta certo che se abbandonerai la vita religiosa te ne pentirai, com'è avvenuto ad alcuni, e conoscerai l'errore quando non potrai più rimediarvi, perché difficilmente sarai riaccolto.

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